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La violenza domestica Ã¨ il comportamento abusante di uno o entrambi i compagni in una relazione intima di coppia, quali il matrimonio e la coabitazione. Si estrinseca in molte forme, quali abusi sessuali, aggressione fisica, minacce di aggressione, intimidazione, controllo, stalking, violenza psicologica, trascuratezza, deprivazione economica. Tali comportamenti possono costituire reato a seconda della locale legislazione e della loro gravità.

Negli anni settanta il movimento femminista ha richiamato l'attenzione sul fenomeno delle donne picchiate dai loro partner. Tale visione si è estesa ad includere fra le vittime di violenza domestica le donne non sposate ma coabitanti e gli uomini vittima di violenze da parte delle loro mogli o compagne.

E’ subentrata poi la violenza assistita in ambito domestico, con cui si intende si intende ogni situazione nella quale un bambino assista alla violenza tra soggetti appartenenti al nucleo familiare.  Anche laddove una donna sia oggetto di violenza da parte del compagno, esistono due vittime: la donna, direttamente colpita, e il bambino che assiste.

Violenza domestica

 

Secondo uno studio dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) il fenomeno del maltrattamento alle donne avrebbe assunto dimensioni preoccupanti. Sempre più donne subirebbero violenza di ogni tipo, ma senza denunciarla. Le motivazioni di questa resistenza non sempre appaiono comprensibili alla luce degli strumenti legali, psicologici, medici ed economici offerti alle donne che si trovano in situazioni maltrattanti.

Una delle spiegazioni suggerite per comprendere la difficoltà delle donne alla denuncia del maltrattamento è quella che vede la donna maltrattata soffrire di una vera e propria sindrome, il cui primo stadio sarebbe rappresentato dalla Negazione. Le donne negherebbero agli altri, e prima ancora a loro stesse, di essere vittime di violenza, giustificando il comportamento del partner con scuse.

Perchè non si denuncia?

Il futuro

Il 19 giugno 2013 è stata ratificata in Italia la "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica", la cosiddetta Convenzione di Istanbul. La Convenzione prevede che siano garantiti protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza domestica, propone l’introduzione di circostanze aggravanti nel caso in cui il reato sia stato commesso su un bambino o in presenza di un bambino e il ricorso, se necessario, a misure di protezione specifiche, che prendano in considerazione il superiore interesse dei bambini e degli adolescenti coinvolti in episodi di violenza domestica.

La convenzione di Istanbul

Sempre secondo lo stesso rapporto Istat, le donne che riferiscono una violenza dal partner (marito o convivente) chiedono aiuto solo nel 4% dei casi.

La motivazione non sembrerebbe imputabile alla scarsa presenza di strutture di questo tipo sul territorio o alla poca efficienza delle stesse. Da una semplice e rapida ricerca in rete,  la lista dei centri antiviolenza appare subito notevole, con la presenza dei centri praticamente su tutto il territorio italiano.

I centri antiviolenza

    Di seguito riportiamo alcuni dei consigli:

  • nel caso la situazione di convivenza con il partner violento diventi intollerabile o pericolosa per sé e/o per i figli, si può rendere necessario che sia la donna, insieme agli eventuali figli, ad allontanarsi dal domicilio familiare

  • se i figli sono minori è necessario ricordarsi di avvertire i carabinieri o la polizia o, in caso di convivenza, il Tribunale dei minori. E’ importante, quando possibile e nonostante la situazione di difficoltà, pianificare con un certo anticipo l’allontanamento in modo da non dimenticare documenti od oggetti importanti (carta d’identità, passaporto, patente, libretto di lavoro, titoli di studio, documentazione sanitaria, dichiarazione dei redditi, eventuali denunce di maltrattamento e certificazione medica di supporto, libretto degli assegni e tessera bancomat, ecc.). Nel caso si abbia un conto corrente o dei titoli cointestati col coniuge o convivente è opportuno aprire un conto a proprio nome in una banca diversa e trasferirvi l’ammontare spettante (50% della somma totale in caso di comunione dei beni).

  • il limite di reddito per ottenere l’assistenza legale gratuita è molto contenuto, tuttavia essa può essere concessa a chi possiede un reddito superiore, purchè vengano documentate le eventuali spese di affitto, asilo-nido, cure mediche, ecc. che dimostrino la necessità vitale di un reddito superiore. La domanda va presentata all’apposito ufficio presso la Procura del Tribunale con tempi di attesa di circa sette/ otto mesi.

  • per poter dimostrare i reati descritti é indispensabile recarsi al Pronto Soccorso dell’Ospedale o da un medico per ottenere il certificato relativo; questo è tanto più necessario se si prende in considerazione per il futuro l’eventualità di una separazione giudiziale, con addebito della responsabilità al marito.

Suggerimenti per proteggersi

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